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L’utero retroverso è una condizione anatomica in cui il prezioso organo del sistema riproduttivo femminile è posizionato in modo anomalo, ovvero inclinato all’indietro verso la schiena anziché in avanti come nella posizione normale. Questa alterazione, che ha diverse cause, al momento della diagnosi suscita sempre molta preoccupazione nelle donne in relazione alla fertilità, ma anche quando il riscontro avviene in menopausa. Cosa significa, quali caratteristiche e rischi comporta dunque un utero retroverso nella realtà, in età fertile o in menopausa? Scopriamolo insieme.

Utero retroverso: definizione e cause

Si parla di retroversione quando l’utero si trova inclinato verso la schiena, posteriormente anziché in avanti come da fisiologia. Tale alterazione può essere leggera o più marcata, variando ovviamente da donna a donna. La diagnosi si effettua con visita ginecologica e si conferma visivamente con un’ecografia. Si tratta di una caratteristica anatomica che nella maggioranza dei casi non comporta sintomi o complicazioni significative. Le cause? Sostanzialmente si tratta di fattori genetici: l’utero retroverso è spesso congenito, ovvero ci si nasce. Tuttavia, è possibile acquisire tale condizione anche più avanti nel tempo, ad esempio nei seguenti casi:

  • Cicatrici e aderenze pelviche di natura infiammatoria o chirurgica: i tessuti cicatriziali di precedenti interventi chirurgici pelvici (compreso il taglio cesareo), la malattia infiammatoria pelvica (PID) o altre infezioni possono far sì che l’utero si sposti all’indietro, trovando maggior spazio o “tirato” letteralmente da un tessuto neoformato
  • Endometriosi: tale patologia è caratterizzata dalla formazione di tessuto endometriale fuori dall’utero stesso. Le cellule che lo caratterizzano possono invadere anche tutta la cavità addominale, nei casi più gravi e rari; le cellule sparse dell’endometrio proliferando eccessivamente sono in grado di indurre una retroversione dell’utero
  • Fibromi: lo stesso accade con queste masse di fibre o altre escrescenze sull’utero, capaci di cambiarne la forma e la posizione, soprattutto se di dimensioni importanti. Lo stesso può accadere se si tratta di un tumore
  • Parto: una volta partorito, i muscoli e i legamenti del pavimento pelvico si allungano e si indeboliscono, il che può causare l’inclinazione all’indietro dell’utero. Anche la gravidanza, con il peso che grava sugli stessi può provocare in indebolimento della parete pelvica
  • Menopausa: in tale fase invece accade a causa di una diminuzione dei livelli di estrogeni, che danno forza ai legamenti che trattengono l’utero; questi si indeboliscono, non riescono più a sostenerlo ed automaticamente avviene la retroversione.

Utero retroverso e menopausa

Nello specifico, durante la menopausa l’organismo femminile attraversa un processo di cambiamento profondo, legato alle modifiche e carenze negli assetti ormonali. Questo può influenzare la posizione e la salute degli organi pelvici, compreso l’utero, che tenderà a subire un’involuzione oltre che un potenziale spostamento dalla fisiologica posizione. Non accade sempre, ma è una eventualità. Per il resto è possibile che la menopausa tenda ad evidenziare alcuni sintomi e complicazioni associati all’utero retroverso, già presenti, ma trascurati:

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Non esistono rischi correlati comunque: la posizione anomala dell’utero è una caratteristica anatomica che può essere presente indipendentemente dalla menopausa. Riguarda circa il 25% delle donne anche in età fertile.

Utero retroverso: fertilità e rischi

Una delle preoccupazioni principali associate all’utero retroverso riguarda la fertilità. Eppure, a differenza dell’opinione comune, tale condizione non costituisce un ostacolo alla gravidanza. Molte donne concepiscono e portano a termine la gestazione senza problemi, neppure complicazioni durante il travaglio e il parto. In effetti, la gravidanza spesso contribuisce ad uno spostamento dell’utero nella posizione anteversa fisiologica, già qualche tempo prima del secondo trimestre (dopo il parto di solito torna nella posizione originaria). Tuttavia, questo può non accadere ed in rarissimi casi (solo lo 0,3%) è possibile andare incontro ad una rarissima e grave condizione, nota come incarceramento uterino: l’utero retroverso non si sposta nella posizione anteversa e quindi non riesce ad espandersi adeguatamente e completamente nel secondo trimestre, rimanendo intrappolato nel bacino. Ciò non deve indurre ansie inutili, ma solo la consapevolezza che un utero retroverso richiede un’attenzione leggermente maggiore rispetto al normale nelle visite di controllo gestazionali. L’utero retroverso non è neppure collegabile ad aborti spontanei ricorrenti. Talvolta, comunque, tale condizione è associata ad altre che influenzano la fertilità, come l’endometriosi o le aderenze pelviche. In questi casi potrebbe essere necessario un trattamento mirato per affrontare tali problematiche e migliorare le possibilità di concepimento.

Utero retroverso: a chi rivolgersi

Se si sospetta di avere un utero retroverso o se si avvertono sintomi associati a tale condizione, è consigliabile consultare un ginecologo. In base alla gravità dei sintomi e alle condizioni associate, il ginecologo può consigliare il trattamento più appropriato, che può comprendere terapie farmacologiche, fisioterapia o interventi chirurgici. Se l’obiettivo quello del concepimento di un bambino e si evidenziano patologie sottostanti che provocano difficoltà è fondamentale affidarsi ad un centro per la fertilità qualificato come Raprui. Dalla diagnosi alla terapia, professionisti competenti ed aggiornati, sono in grado di accompagnare le coppie verso la genitorialità.

 

 

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