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La sindrome di Edwards, nota anche come trisomia 18 è una malattia genetica rara, molto pericolosa. Colpisce un bambino ogni 5000 nati ed è dovuta alla presenza di un cromosoma in più, il 18. A differenza della sindrome di Down o trisomia 21, questa patologia può essere letale. Il 50% dei neonati muore entro una settimana e solo il 5-10 % vive oltre il primo anno. E’ inoltre definita da una serie di caratteristiche cliniche o sintomi: ritardo nello sviluppo, anomalie al cuore, ai reni, agli arti e al cranio. Per tutti questi motivi, è fondamentale una diagnosi precoce, e prima ancora, laddove possibile, prenatale.

Sindrome di Edwards: test, diagnosi, aspettative di vita

Sindrome di Edwards, le cause

Questa patologia è di origine genetica. L’essere umano possiede solitamente 23 coppie di cromosomi, ma nella sindrome di Edwards ve ne è uno in più, nella 18esima (ovvero 3 cromosomi anziché 2). Tale alterazione cellulare induce nella crescita del feto profondi difetti che possono essere letali. Ciò avviene nel 90 % dei casi. Tuttavia in percentuali minori anziché un intero cromosoma il bambino può presentarne solo una piccola parte (trisomia parziale o incompleta), oppure averlo, ma non in tutte le cellule (mosaicismo). Ciò può comportare una sintomatologia e caratteristiche patologiche diverse che si sviluppano in una forma meno grave della malattia, ma comunque molto seria. Il cromosoma supplementare proviene quasi sempre dalla donna ed il rischio aumenta in relazione all’età della stessa, dopo i 35 anni.

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Sindrome di Edwards, come e quando si fa la diagnosi?

In genere questa patologia -come la trisomia 21- viene diagnosticata prima della nascita del bambino, in seguito a test di routine e ad altri di approfondimento da fare sulla futura mamma. Già da semplici ecografie possono essere notate alcune caratteristiche della trisomia 18 oppure con il bitest o il tritest, o la strutturale. Di particolare rilievo anche il test del DNA fetale uno screening prenatale non invasivo (NIPT) che si esegue utilizzando un campione di sangue materno: qui è possibile individuare ed analizzare anche il dna del bambino e capire se esiste un cromosoma in più. Il suo risultato è molto affidabile, ma non ha valore diagnostico, per cui in caso di positività diventa utile sottoporsi ad amniocentesi o villocentesi. Per tali motivi è sempre utile eseguire i dovuti controlli in gravidanza, preferibilmente in un centro o presso professionisti qualificati.

Sindrome di Edwards ed aspettative di vita

Purtroppo non esiste una cura per questa malattia e l’aspettativa di vita è veramente minima. Nella maggior parte dei casi, si assiste ad un aborto spontaneo tra il 2° e 3 ° trimestre di gravidanza, così come numerosi sono i bambini con Sindrome di Edwards che nascono morti. E tra quelli che sopravvivono? Raramente i neonati affetti dalla trisomia 18 superano i 12 mesi: purtroppo restano vittime delle anomalie organiche che tale sindrome comporta, come i deficit neuronali, cardiaci o renali. Statisticamente parlando la durata media della loro vita oscilla tra i 3 giorni e le 2 settimane. Solo il 5-10 % arriva oltre l’anno, con grandi difficoltà e la necessità di continua ed attenta assistenza. Fondamentale, da parte delle equipe mediche, anche il supporto ai genitori in questi casi. Diverso è il discorso quando la trisomia è parziale o a mosaico, ma molto dipende dal singolo caso: la prognosi può variare. Si stima ad esempio che solo l’1% dei bambini con trisomia 18 vive oltre i 18 anni, e questo solitamente accade nelle forme meno gravi come quelle cosiddette a “mosaico”.

 

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