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Tra le tecniche che possono aiutare ad aumentare le possibilità di successo della PMA, soprattutto nella fase trasferimento embrionale, è particolarmente importante il Laser assisted hatching, anche detto “sgusciamento assistito con laser”, che in molti casi può ribaltare una storia di insuccessi aumentando le possibilità di impianto e le percentuali di gravidanza. Vediamo insieme di cosa si tratta.

Laser assisted hatching: come funziona?

Il laser assisted hatching è una tecnica che viene utilizzata per aiutare l’embrione a “schiudersi” dal suo guscio protettivo esterno e promuovere quindi l’impianto nella parete uterina dopo il trasferimento.

Quello dello “sgusciamento” è un processo naturale mediante il quale l’embrione, prima di attecchire, si libera della membrana che lo circonda (detta “zona pellucida”) per poter aderire direttamente alla superficie interna dell’utero e realizzare la gravidanza.

Nei casi in cui si sospetti che questo processo possa non realizzarsi spontaneamente, per aumentato spessore o irrigidimento della membrana, viene utilizzata questa tecnica, che prevede l’applicazione di un fascio laser ad infrarossi per assottigliare o in alcuni casi forare la zona pellucida e promuovere lo sgusciamento.

Anche se può sembrare una procedura invasiva, questa tecnica è assolutamente atraumatica e senza sviluppo di calore e, se correttamente eseguita, assolutamente non pericolosa per l’embrione.

>> Leggi anche – Come aumentare il successo del transfer: la diagnosi preimpianto PGS <<

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Laser assisted hatching: come è nata la tecnica?

Prima della disponibilità clinica dei laser, potevano essere utilizzati solo metodi meccanici o chimici per lo sgusciamento assistito di embrioni umani. Lo sgusciamento assistito con laser richiede una manipolazione minore dell’embrione rispetto ai metodi precedenti ed è sensibilmente più veloce: l’embrione, quindi, trascorre meno tempo fuori dall’incubatore ed è sottoposto a uno stress minore.

L’applicazione del laser all’assisted hatching si deve all’intuizione del team di Raprui, guidato dal Prof. Antinori, e i ricercatori austriaci Feichtinger e Fuhrberg, che nel 1992 hanno iniziato ad applicare il laser utilizzato per la PZD (una tecnica di inseminazione in vitro che prevedeva la creazione di un’apertura nella zona pellucida per permettere l’ingresso degli spermatozoi nell’ovulo) anche allo sgusciamento assistito, aumentando i tassi di impianto del 10%.

laser assisted hatching studio lancet

Dal Lancet del 28 marzo 1992, lo studio pubblicato da Raprui in collaborazione con l’Istituto di Stenbty Treatment

Laser assisted hatching: per chi è indicato?

laser assisted hatching immagine

Il laser assisted hatching viene utilizzato quando la zona pellucida è particolarmente spessa o irrigidita e si suppone che possa ostacolare lo sgusciamento dell’embrione e quindi l’impianto.

È una metodica che riporta risultati importanti in termini di successo soprattutto per pazienti con età biologica avanzata, ma questa tecnica può essere impiegata con successo anche in caso di donne con embrioni di bassa qualità (comprese condizioni come zona pellucida spessa, tasso di divisione delle cellule lento o frammentazione delle cellule alta), donne che hanno fallito 1 o più cicli di fecondazione in vitro o che trasferiscono embrioni scongelati, che possono presentare una zona pellucida indurita.

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