La fecondazione assistita in Italia è regolata da una serie di normative che ne stabiliscono i limiti di intervento, ovvero i requisiti delle coppie infertili e le caratteristiche dei centri per la fertilità abilitati. Ecco cosa occorre sapere al riguardo.
Fecondazione assistita in Italia
La fecondazione assistita, o “artificiale” o per meglio dire procreazione medicalmente assistita (PMA) è caratterizzata da un’insieme di tecniche e tecnologie che aiutano le coppie a concepire un bambino, laddove per motivi di infertilità non riescono a farlo in modo naturale ed altre terapie (come quella farmacologica o chirurgica) si dimostrano insufficienti. Si distinguono in tecniche di I, II e III livello in relazione alla loro complessità ed invasività.
Fecondazione assistita in Italia, la normativa
La PMA è regolata dalla legge 40/2004 e dalle sue successive modifiche. Queste hanno permesso con gradualità di superare i “paletti” imposti dalla normativa originale. E’ il caso della fecondazione eterologa ad esempio (ovvero quella in cui uno o entrambe i gameti provengono da un donatore esterno alla coppia). A stabilire il cambio di rotta però non è stato il Governo, ma una sentenza della Corte Costituzionale del 2014. La medesima modalità un anno dopo ha concesso l’accesso alla fecondazione assistita anche alle coppie fertili portatrici di una malattia genetica trasmissibile. Prima di tutto ciò il ricorso alla PMA era caratterizzato da dispendiosi e pericolosi viaggi della speranza all’estero, per le limitazioni imposte dalla legge nel nostro Paese. Oggi per fortuna non è più così. Più in generale la normativa stabilisce comunque l’accesso alle tecniche di PMA solo per le coppie sterili o infertili, maggiorenni, di sesso diverso sia coniugati che conviventi in età potenzialmente fertile. Rimangono esclusi quindi i single e le coppie omosessuali così come le persone in età avanzata.
La legge 40 originaria aveva anche altri limiti come quelli legati agli embrioni. Se ne potevano produrre al massimo 3 per ogni ciclo ed andavano impiantati contemporaneamente in quanto sussisteva il divieto di crioconservarli. Ciò comportava parti plurigemellari (con le relative complicanze), ma soprattutto, in presenza di un fallimento, continue stimolazioni ovariche per la donna. Anche in questo caso è stata una sentenza giuridica del 2009 ad “aggiustare la legge”, puntando sulla tutela della salute della futura mamma, permettendo di fatto la crioconservazione degli embrioni.
Fecondazione assistita in Italia, i centri autorizzati
La legge 40 ha introdotto la costituzione del Registro nazionale PMA, con lo scopo di raccogliere i dati provenienti dai centri specialistici autorizzati sia pubblici che convenzionati o privati. L’obiettivo è duplice: seguire il trend dei successi in base alle tecniche impiegate (bambini nati e/o embrioni formati) e la totale trasparenza dell’informazione. A tal fine ogni anno viene presentata al Parlamento una relazione. Nel registro è quindi presente una lista di tutti i centri accreditati in Italia con le relative attività, suddivisi per Regione, fruibile da tutti i cittadini o coppie che hanno difficoltà a concepire un bambino. E’ particolarmente importante perché permette anche di capire se la struttura alla quale ci si rivolge è effettivamente accreditata e quindi autorizzata dal Ministero della Salute. Il tutto è gestito in seno all’Istituto Superiore di Sanità.