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Antinfiammatori durante il percorso di fecondazione assistita, si impiegano o no? Il tema dei farmaci è uno di quelli più ansiogeni per le donne che si apprestano a diventare mamma o con una gravidanza in corso, ma anche per coloro che stanno programmando un concepimento. Ciò è particolarmente vero quando si affronta una fecondazione assistita. Ed è anche giusto che sia così: occorre sempre essere prudenti sull’impiego di qualunque sostanza farmacologica durante i 9 mesi e nel periodo precedente al concepimento, anche nei confronti di integratori e rimedi erboristici. Il rischio è di fare del male al bambino o di complicare o addirittura bloccare l’ovulazione, come ad esempio accade con alcuni tipi di antinfiammatori. Eppure, quando si sta seguendo un percorso di fecondazione assistita, proprio questi medicinali possono essere consigliati, anzi, entrano proprio a far parte del trattamento terapeutico. Vediamo insieme cosa occorre sapere al riguardo.

Antinfiammatori durante il percorso di fecondazione: sì o no?

Antinfiammatori, non sono tutti eguali

Esistono 2 tipi di antinfiammatori i FANS (non steroidei) e gli steroidi (o cortisonici), con diversi effetti anche collaterali soprattutto in fase di gravidanza e/o concepimento. I primi, come l’ibuprofene, sono farmaci da banco, ovvero possono essere venduti anche senza prescrizione medica. La loro efficacia antinfiammatoria è in grado di ridurre il dolore ed ha un effetto antifebbrile. Sono in assoluto tra i medicinali più venduti al mondo, proprio per tali caratteristiche. Si usano solitamente per problematiche passeggere. I cortisonici invece sono impiegati più comunemente nella terapia di stati infiammatori severi e/o cronici, quindi anche per lunghi periodi e con dosi massicce che nel tempo possono arrecare vari danni all’organismo. Per questo è sempre uno specialista a prescriverli, valutando i rischi ed i benefici in base alla diagnosi. Per terapie brevi non sono pericolosi, ma possono abbassare le difese immunitarie.

Antinfiammatori fans e steroidi ed effetti sulla gravidanza

I FANS in gravidanza andrebbero evitati: sono controindicati nell’ultimo trimestre, come da note AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e foglietto illustrativo. Non creano malformazioni fetali, ma possono comunque indurre complicazioni serie, come ipertensione polmonare del feto e oligoidramnios, ovvero riduzione della quantità del liquido amniotico. Inoltre, il loro impiego prolungato può inibire le contrazioni uterine, ampliando i tempi del travaglio. Benché non esistano controindicazioni negli altri periodi di gestazione, si ritiene che possano aumentare il rischio di aborto spontaneo se assunti in dosi massicce anche nel periodo che va dai 15 giorni prima del concepimento fino alla 20esima settimana. Un uso estemporaneo, tuttavia, non sembra avere conseguenze. Gli esperti consigliano in caso di dolori o febbre, di assumere in alternativa medicinali a base di paracetamolo. I cortisonici invece non sono controindicati in gravidanza, ma vanno assunti solo su effettiva necessità e prescrizione medica. Anzi, in generale sono raccomandati come induttori della maturità polmonare fetale nel terzo trimestre. Molto dipende però anche dalla molecola: un recente studio ha evidenziato infatti come il desametasone, impiegato per trattare alcune patologie materne, induca una riduzione dell’ormone tiroideo nel sistema nervoso centrale del bambino, con danno nello sviluppo psicomotorio. Tali effetti non sono presenti con altri steroidi come l’idrocortisone, il prednisone ed il prednisolone.

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Antinfiammatori FANS durante il percorso di fecondazione assistita

Un discorso a parte è quello che riguarda l’impiego di antinfiammatori nella fecondazione assistita. Nonostante i successi notevoli rispetto al passato, non tutti i trattamenti raggiungono una gravidanza. Tra le varie cause c’è quella del mancato impianto, soprattutto in seguito ad una Fivet/Icsi. Tutte le fasi di tali procedure (fatta eccezione la fecondazione in vitro) possono indurre una risposta infiammatoria localizzata con l’immissione in circolo di prostaglandine che riducono la ricettività uterina e al contempo stimolano contrazioni. Ciò, come evidenziato da numerosi studi, può portare al fallimento dell’impianto in dell’embrione o ad un aborto precoce e spontaneo. Partendo da tale presupposto nella pratica clinica vengono impiegati farmaci antinfiammatori non steroidei per migliorare gli esiti della fecondazione assistita, per l’effetto che questi hanno nell’inibire le prostaglandine e dunque eliminare sia la risposta infiammatoria che la contrattilità uterina/miometriale. Gli studi scientifici atti a supportare tale soluzione sono stati nel tempo numerosi, ma una recente meta-analisi, ha evidenziato come in realtà questi non siano in grado di confermare un’efficacia certa di tale terapia nelle donne infertili sottoposte a riproduzione assistita, in termine di miglioramento dei tassi di gravidanze a termine e diminuzione degli aborti spontanei. Questo perché si tratta sempre di piccoli studi, su specifiche molecole, con un numero ridotto di pazienti, e spesso mancano di dati essenziali, come quelli circa l’efficacia in trattamenti con gameti ed embrioni crioconservati, sempre più utilizzati. Di contro si sono dimostrati privi di effetti collaterali sul feto. Ne consegue la necessità di ulteriori studi scientifici mirati.

Antinfiammatori steroidei e fecondazione assistita

Contrastanti anche i risultati di tanti lavori scientifici per ciò che riguarda l’uso dei cortisonici in donne affette da malattie autoimmuni che si sottopongono a fecondazione in vitro, con somministrazioni pre -impianto: sembra che ci sia una risposta positiva, ma non tutte le molecole e le condizioni di salute sono state analizzate; anche in questo caso occorrono approfondimenti per parlare di vera e propria terapia che possa aumentare i tassi di successo di Fivet ed ICSI. Uno degli steroidi sotto la lente d’ingrandimento degli scienziati è al momento il prednisolone, prescritto a donne che si sottopongono a fecondazione assistita, caratterizzate da precedenti di aborti spontanei ricorrenti, difficoltà di impianto embrionale o cellule natural killer (NK) in circolo elevate. Viene somministrato in bassi dosaggi, quotidianamente e per 6-10 settimane, comunemente a partire da pochi giorni prima del trasferimento dell’embrione (o dallo stesso giorno), oppure già dalla fase di stimolazione ovarica. I risultati degli studi al riguardo sono tutti promettenti, ma ancora non derimenti, poiché condotti su un numero troppo piccolo di casi.

Antinfiammatori durante il percorso di fecondazione: sì o no?

Dunque, si possono prendere o no gli antinfiammatori durante una fecondazione assistita? Dipende! I protocolli terapeutici sono sempre personalizzati e quindi è sbagliato cercare su internet o chiedere a conoscenti con il medesimo percorso se hanno impiegato antinfiammatori o meno. Il tema inoltre è complesso come abbiamo visto: non tutti gli antinfiammatori sono eguali, così come esistono numerosi e diversi principi attivi, ognuno con efficacia e sicurezza a se stanti, a seconda dei casi. In materia di effetti collaterali e rischi, non vanno confusi quelli tra la gravidanza ed il periodo di fecondazione. Uno specialista della fertilità qualificato e di lunga esperienza è sempre a disposizione delle pazienti per rispondere ad ogni dubbio ed ansia, anche in materia di farmaci antinfiammatori.

 

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