La diagnosi genetica preimpianto (PGT-A) è un tipo di analisi prenatale che viene effettuata prima del trasferimento degli embrioni in utero per impedire la trasmissione di patologie ereditare o per assicurare maggiori possibilità di successo alle tecniche di fecondazione assistita.
Diagnosi preimpianto
Nel primo caso si parla di PGT-M – preimplantation genetic diagnosis – nel secondo di PGS – preimplantation genetic sreening.
Come funziona la diagnosi genetica preimpianto
La diagnosi genetica preimpianto viene eseguita su embrioni allo stadio di blastocisti, circa 120 ore dopo la fecondazione degli ovociti.
Per effettuare l’esame, l’embriologo valuta gli embrioni e individua quelli idonei, su cui viene effettuata una biopsia al terzo giorno di sviluppo. Per mezzo di un apposito sistema laser viene praticato un foro sulla membrana esterna dell’embrione attraverso cui si verifica la fuoriuscita del materiale embrionale (erniazione del trofectoderma) che viene rimosso e inviato al laboratorio di biologia molecolare.
La diagnosi genetica pre-impianto può essere effettuata sia su embrioni freschi che crioconservati: gli embrioni dopo essere stati bioptizzati vengono crioconservati in attesa del risultato dell’analisi genetica.
La PGD, preimplantation genetic diagnosis
La PDG è una diagnosi genetica preimpianto che può essere effettuata da tutte le coppie, fertili o infertili, che sono portatrici sane di uno specifico difetto genico, e permette di selezionare esclusivamente gli embrioni che non presentano alterazioni geniche, riducendo il rischio di trasmissione di malattie ereditare.
Tramite questo esame, infatti, si possono individuare anomalie genetiche Mendeliane (ovvero monogeniche, causate dal difetto di un gene), consentendo di scartare gli embrioni portatori di malattie come Fibrosi Cistica, Beta Talassemia, Atrofia Muscolare Spinale, Distrofia Miotonica, Neurofibromatosi, Charcot Marie Tooth, Distrofia Muscolare di Duchenne-Becker, Emofilia A o B, Sindrome dell’X-Fragile.
In preparazione di questo esame vengono eseguite delle sonde, ovvero vengono raccolti dei tamponi salivari da entrambi i partner e inviati al laboratorio che, a partire dal materiale genetico, crea un kit personalizzato diagnostico che serve come base per la diagnosi preimpianto.
I risultati di questo esame sono generalmente disponibili in 5-6 settimane.
I limiti della diagnosi genetica preimpianto PGD
- L’analisi consente di ottenere solo informazioni relative al disordine genetico indagato e non esclude la possibilità che siano presenti contemporaneamente altre anomalie (mutazioni genetiche; alterazioni numeriche e strutturali dei cromosomi);
- Una bassa risposta alla stimolazione ovarica incide sul numero di ovociti recuperati e quindi sul numero di embrioni disponibili per l’analisi genetica. Un maggior numero di embrioni da bioptizzare aumenta le percentuali di successo della procedura;
- Una piccola percentuale di embrioni potrebbe rimanere senza una diagnosi conclusiva pure essendo andata la biopsia a buon fine;
- Nonostante esistano numerosi studi effettuati sugli animali e sull’uomo circa la possibilità di normale sviluppo embrionale successivo alla micromanipolazione per l’esecuzione della PGD, non è possibile escludere a priori che gli embrioni bioptizzati possano arrestarsi nel loro sviluppo o degenerare nei giorni successivi alla biopsia, e che quindi non ci siano embrioni disponibili per eseguire il trasferimento;
- A causa dei limiti della metodica e del rischio di errore esistente (~5%), non può essere escluso che gli embrioni ottenuti siano portatori di malattie cromosomiche o genetiche. Ciò implica quindi che un embrione normale sia erroneamente identificato come anomalo e che non sia trasferito, oppure che un embrione anomalo sia identificato come normale.
- In considerazione di quanto sopra riportato, si suggerisce in caso di gravidanza di effettuare un’indagine molecolare di diagnostica prenatale (villocentesi, amniocentesi) per confermare la diagnosi genetica preimpianto.
La PGT-A, Preimplantation genetic testing for aneuploidy
PGT-A è una diagnosi genetica preimpianto che permette di analizzare il corredo cromosomico dell’embrione per individuare anomalie numeriche o strutturali che pregiudicano l’impianto o il corretto sviluppo della gravidanza e permette di rilevare, tra le altre, sindromi come quella di Down o di Turner.
Questo esame è indicato per le coppie infertili che si sottopongono a procreazione medicalmente assistita, in particolare quelle in cui in cui la donna abbia superato i 35-36 anni o che abbiano una storia di poliabortività o ripetuti fallimenti delle procedure di PMA.
L’esame verifica se l’embrione ha qualche patologia cromosomica che si ritiene essere la causa principale dei fallimenti delle tecniche di PMA, consentendo di aumentare l’efficienza della fecondazione in vitro. Individuando gli embrioni cromosomicamente corretti , infatti, vengono evitati transfer senza possibilità di successo e si riduce il numero degli aborti che, nel primo trimestre, sono legati prevalentemente proprio ad alterazioni cromosomiche.
In alcune circostanze questa procedura può essere utile anche per pazienti giovani, come nel caso in cui sia presente un numero elevato di embrioni: la diagnosi genetica preimpianto permette infatti di selezionare quelli con maggiori possibilità di impianto, sia per incrementare le possibilità di successo sia per ridurre il rischio di una gravidanza gemellare.
I risultati di questo esame sono generalmente disponibili in circa 2 settimane.
I limiti della diagnosi genetica preimpianto PGT-A
- L’analisi consente di ottenere solo informazioni relative alle alterazioni numeriche e strutturali dei cromosomi e non fornisce risultati riguardanti malattie genetiche ereditarie (ovvero monogeniche, causate dal difetto di un gene: es. fibrosi cistica, beta talassemia, ecc.) che potrebbero essere contemporaneamente presenti ma che non sono oggetto di questa diagnosi;
- Una bassa risposta alla stimolazione ovarica incide sul numero di ovociti recuperati e quindi sul numero di embrioni disponibili per l’analisi genetica. Un maggior numero di embrioni da bioptizzare aumenta le percentuali di successo della procedura;
- Una piccola percentuale di embrioni potrebbe rimanere senza una diagnosi conclusiva pure essendo andata la biopsia a buon fine;
- Nonostante esistano numerosi studi effettuati sugli animali e sull’uomo circa la possibilità di normale sviluppo embrionale successivamente alla micromanipolazione per l’esecuzione della PGS, non è possibile escludere a priori che gli embrioni bioptizzati con esito positivo (integri e vitali), anche se risultati sani all’analisi genetica, possano risultare degenerati/danneggiati al momento dello scongelamento, e che quindi non ci siano embrioni disponibili per eseguire il trasferimento;
- A causa dei limiti della metodica e del rischio di errore esistente (~5%), non può essere escluso che gli embrioni ottenuti siano portatori di malattie cromosomiche o genetiche. Ciò implica quindi che un embrione normale sia erroneamente identificato come anomalo e che non sia trasferito, oppure che un embrione anomalo sia identificato come normale. Una fonte d’errore è costituita dal cosiddetto “mosaicismo embrionale”, che consiste nella coesistenza all’interno dello stesso embrione di cellule con diverso assetto cromosomi Ciò comporta l’eventualità che le cellule analizzate tramite PGS risultino normali all’analisi citogenetica, mentre altre cellule dello stesso embrione presentino invece alterazioni cromosomiche, o viceversa;
- In considerazione di quanto sopra riportato, si suggerisce in caso di gravidanza di effettuare un’indagine molecolare di diagnostica prenatale (villocentesi, amniocentesi) per confermare la diagnosi genetica preimpianto.
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